The Good Place, il lato più divertente della filosofia
Su Netflix ci sono tante serie, tanto che alle volte sembrano troppe. Alcune pessime, orribili(coff i-land coff) altre meh e tante eccezionali. Molte passano sotto traccia, in particolare quelle che negli ultimi anni sono arrivate dalla tv, al ritmo di una season ogni 1-2 anni. Una di queste è una serie di Michael Schur, The Good Place. Dopo uffici, stanze della politica, stazioni di polizia, Schur affronta l’aldilà con un approccio filosofico straordinariamente divertente.
Ci sono serie, come Loki, che guardo comodamente sul divano ma, non so voi, io ho l’abitudine, quando sono a casa, di mettere una serie tv divertente sul tablet e cucinare/pulire/fare la qualunque, guardando quella serie. Di norma è una serie comedy, di quelle da venti minuti, che magari ho già visto, così che possa semplicemente interromperla una volta che ho finito quello che stavo facendo. Talvolta, però, mi faccio prendere e finisce come con The Good Place. Iniziato sabato mattina mi ritrovo, martedì sera, ad aver appena finito la terza stagione.
Sia chiaro, the Good Place è una serie breve. 13 episodi circa a stagione, in 4 stagioni per un totale di 63 episodi. Mica poco comunque, considerati anche un paio di episodi doppi.
Il “problema” di The Good Place è che è una serie che si lascia vedere e anche rivedere sin troppo volentieri.
Innanzitutto è una serie comedy di Michael Schur. Forse questo nome non vi dice molto, ma vi dirà qualcosa almeno una delle sue creazioni. Partito come scrittore per il Saturday Night Live ha poi contribuito a creare/scrivere/produrre nell’ordine: The Office, Parks and Recreation, Brooklyn Nine-Nine, Master of None e The Good Place appunto. A mio parere alcune delle migliori serie comedy degli ultimi due decenni.
Con un autore del genere alle sue spalle, è facile capire come ci sia sin dall’inizio una garanzia sul risultato finale. Come detto in questa serie affronterà il tema dell’aldilà, il The Good Place del titolo appunto, dove i nostri protagonisti finiscono dopo la loro, accidentale, morte. Non il paradiso cristiano, sia chiaro. Come spiega Ted Danson, Michael l’architetto creatore di questo vicinato parte del Good Place, è qualcosa di diverso e l’unico ad esser andato vicino alla realtà dei fatti è tale Doug che, negli anni 70, durante un viaggio psichedelico da funghi, è arrivato a indovinare tutto al 92%. Qualcosa che gli è valso un suo quadro nell’ufficio di Michael stesso.
Ovviamente fin dall’inizio c’è un twist: Eleanor, ovvero Kristen Bell, si trova lì per sbaglio, uno scambio con una sua ben più pia omonima. Temendo di finire nel The Bad Place tiene il tutto segreto a Michael e cerca un modo per restare nel Good Place, iniziando un percorso di crescità personale che passerà anche dai suoi compagni d’avventure sullo schermo.
Altro punto di forza della serie è proprio un cast corale che, se all’inizio si fa notare per Ted Danson e Kristen Bell, nel breve vi conquisterà anche con i suoi personaggi secondari. Personalmente il mio preferito è ovviamente il nevrotico, cervellotico Chidi, in cui mi è sin troppo facile identificarmi.
E proprio da lui passa buona parte dell’aspetto più inusuale della storia.
Chidi è infatti un professore di Filosofia Etica o Morale che aiuterà Eleanor innanzitutto, ma anche gli altri due co-protagonisti Tahani e Jason, a migliorare insegnandole le basi di filosofia e come i vari filosofi nel corso dei secoli abbiano affrontato i vari temi della morale. Cosa faccia di una persona una brava persona, quale sia la risposta a molti dei quesiti, problemi, morali che ci troviamo ad affrontare nella vita di tutti i giorni.
Ma, non temete, non vi aspettano lezioni di filosofia interminabili come quelle che ricordo dalla mia esperienza del liceo. Si tratta più di pillole di filosofia che comunque aiutano a riflettere e magari vi spingeranno ad andare a rivedervi qualcosa su libri buttati lì da chissà quanto tempo. Io, per certo, so che la serie mi ha spinto ad andare a rivedere tutto ciò che è connesso al maledetto problema del trolley.
E proprio questa filosofia è punto cardine della crescita personale di tutti i personaggi dello show. Il problema di tante serie è che alcuni personaggi arrivano a fine serie così come l’hanno iniziata. O peggio, appaiono cambiati quando serve per tornare al loro vecchio carattere quando sembra più divertente (mi viene da pensare onestamente a diversi personaggi di The Big Bang Theory, altra serie che amavo all’inizio). Qui c’è una crescita costante che, in fondo, dona anche un messaggio positivo come: non è mai troppo tardi per lasciarsi alle proprie spalle i propri errori e migliorare.
Forse proprio per questo questa serie mi piace così tanto. Nonostante tutto è carica di ottimismo e buoni sentimenti. Come anche le altre serie di Schur del resto. In più con un numero ridotto di episodi il ritmo è sempre alto, i tempi morti sono ridotti e le gag non diventano ripetitive.
The Good Place non ha avuto il successo delle altre creazioni di Michael Schur ma non è per questo meno degna di attenzioni. Io, dal canto mio, ve la consiglio. Se non vi interessa la filosofia vi conquisterà con i suoi personaggi ed il suo umorismo. Questo posso dirvelo.
Come detto all’inizio, la trovate su Netflix, qui.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
P.s. Sapete cosa è interessante? L’anno scorso su Amazon Prime ha esordito Upload, serie di Greg Daniels che con Schur ha co-creato The Office e Parks&Recreation. Anche questa serie affronta, in maniera diversa, il concetto dell’aldilà. Dite che qualcuno dovrebbe parlare con i ragazzi per assicurarsi che sia tutto ok?